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Un inguaribile romantico

Dal creatore di Monument Valley, una splendida storia d’amore

Florence

Una storia sull'amore e sulla

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Realizzando Florence, il fondatore e direttore creativo dello studio australiano Mountains, Ken Wong, è andato in parte controcorrente: per questa graphic novel interattiva che racconta gli alti e i bassi di una nascente storia d’amore, non solo ha scelto una donna come protagonista, ma ha deciso anche di attribuirle origini asiatiche e di farla innamorare di un ragazzo proveniente da quella stessa parte del mondo.

“Non è stata una scelta a tavolino, è semplicemente venuta fuori durante la creazione del profilo dei personaggi”, afferma Wong. “Tuttavia ha aperto le porte a molte possibilità interessanti, perché le loro identità hanno potuto giocare un ruolo nella storia”.

Abbiamo fatto due chiacchiere con il creatore trentaseienne, che ci ha raccontato com’è stato mettersi in proprio dopo aver lavorato a un gioco rivoluzionario e come la sede del nuovo studio abbia contribuito al suo successo.

Ken Wong riceve un Apple Design Award alla Worldwide Developers Conference di quest’anno.

Quale problema volevi risolvere con Florence?

”Prima di realizzare Florence lavoravo nello studio Ustwo di Londra, che ha sviluppato Monument Valley, un gioco che ha avuto successo un po’ per le stesse ragioni. Era una bellissima storia a enigmi uscita in un’epoca in cui la maggior parte delle persone pensava ancora che i giochi per cellulari fossero degli usa e getta, un passatempo per quando si è in bagno.
Dopo aver realizzato un titolo di successo, il passo seguente per me è stato avviare uno studio, facendo tesoro di tutto quello che avevo imparato, tornando in Australia e stabilendo le basi per un’ottima cultura aziendale e un bel lavoro di squadra. Certo, eravamo condizionati da Monument Valley, che ha regalato alle persone un’esperienza emotiva vera, condivisa anche insieme ai figli: per molti utenti è stato il primo gioco che abbiano mai completato. La pressione quindi era parecchia”.

Quali sono stati gli ostacoli più grandi e come li avete superati?

”Di solito, quando apri uno studio indipendente lo fai con degli amici o con colleghi con i quali hai lavorato in passato. Appena arrivato a Melbourne l’ho ingenuamente avviato da solo, gestendo un gruppo di talenti molto assortito che non aveva mai lavorato assieme. Abbiamo dovuto imparare a comunicare, a capire come ognuno di noi pensa e crea. Con questo non voglio dire che non lo rifarei; al contrario, sono davvero fiero del team e del contributo che ciascuno di noi ha saputo dare”.

Come, quando e dove avete lavorato al gioco?

”Fin dagli inizi, il nostro ufficio è stato situato all’interno di uno spazio di lavoro condiviso chiamato The Arcade, dove si trovano molte aziende di videogiochi. Ce ne sono all’incirca trenta sotto lo stesso tetto. Il nostro è un team molto piccolo, ma ci sono tutte queste società sorelle a cui possiamo rivolgerci per un consiglio o per chiedere qualche apparecchiatura in prestito. Inoltre, lavoriamo solo dalle dieci alle sei e non incoraggiamo gli straordinari”.

Cosa si è rivelato più facile del previsto?

”È stato tutto piuttosto difficile”.

Quando avete capito che ce l’avreste fatta?

”Quando abbiamo potuto giocare a Florence per la prima volta dall’inizio alla fine. In quel momento il titolo era ancora incompleto: non c’era la musica e mancavano alcuni livelli. Anche il finale era leggermente diverso. Però mi sono detto: Ok, ci siamo quasi. Non andava ancora bene, ma serviva solo migliorare quello che c’era già: avevano ancora tempo e fondi. Da quel momento ci abbiamo messo altri sette mesi”.

Che consiglio daresti a te stesso da giovane?

”Non prendere le cose troppo seriamente, e spendi tempo ed energie a goderti la vita fuori dal lavoro”.

Cosa vi aspetta in futuro?

”Stiamo realizzando il nostro prossimo gioco, ma è troppo presto per rivelare qualcosa!”